Il ritardo o disturbo del linguaggio rappresenta una condizione frequente in età prescolare ed è generalmente considerato un disturbo transitorio dello sviluppo a prognosi favorevole.

I ritmi di sviluppo del linguaggio mostrano una notevole variabilità individuale ed è importante ricordare che un ritardo nello sviluppo del linguaggio non è affatto un indice di ritardo nello sviluppo cognitivo. La maggior parte dei bambini che parlano tardi ha normali e ottime capacità intellettive e sa usare diverse strategie (gesti, prosodia) per esprimere le proprie intenzioni comunicative.

CARATTERISTICHE DEL RITARDO LINGUISTICO

I bambini che parlano tardi vengono in genere identificati con questo criterio: producono meno di 10 parole diverse (nella fascia d’età 18-23 mesi) o producono meno di 50 parole diverse e nessuna combinazione di almeno due parole (nella fascia d’età 24-34 mesi). L’ampiezza del lessico di produzione viene in genere stabilita attraverso un questionario fornito ai genitori (Caselli e Casadio 1995) ma viene poi riesaminata attraverso osservazioni dirette.

E’ importante escludere che ci siano fattori cognitivi, percettivi, neurologici alla base del ritardo linguistico. E’ anche importante stabilire se il bambino abbia una comprensione lessicale buona, utilizzando ancora una volta un questionario per i genitori oppure qualche semplice test di conoscenza lessicale.

Vengono definiti “bambini che parlano tardi” (lake talkers) soggetti che hanno un normale sviluppo intellettivo e socio-affettivo e che non hanno alcun apparente danno neurologico.

Una comune caratteristica dei bambini che parlano tardi è un forte ritardo fonologico che si accompagna al ritardo nella produzione lessicale.

COME EVOLVE IL RITARDO LINGUISTICO TRA I 2 E I 3 ANNI

Molti bambini che a 2 anni hanno una produzione fonologica e lessicale immatura, tipica di soggetti più piccoli, intorno ai 3 anni sembrano aver recuperato il ritardo: hanno un lessico piuttosto ampio, molti dei loro enunciati sono comprensibili e iniziano a combinare parole. Questi bambini sono definiti in inglese con una graziosa espressione, late bloomers, bambini che sbocciano tardi.

Per altri bambini il ritardo linguistico sembra risolversi nell’età prescolare tra i 4 e i 5 anni ma per alcuni si prolunga.

L’età dei 3 anni costituisce una sorta di spartiacque tra i bambini cosiddetti “parlatori tardivi” e i bambini con probabile Disturbo Specifico di Linguaggio

DISTURBO SPECIFICO DI LINGUAGGIO

Alcune procedure sono fondamentali per compiere una diagnosi di disturbo specificio di linguaggio (DSL):

  • Stabilire se c’è un ritardo nella comprensione di enunciati con diverse strutture grammaticali
  • osservare in una situazione il più naturale possibile per il bambino, la sua capacità di comprendere il linguaggio e di farsi capire attraverso il linguaggio
  • escludere, somministrando test di sviluppo cognitivo e motorio, che il ritardo linguistico sia parte di un più generale ritardo di sviluppo
  • escludere che vi sia un disturbo della comunicazione di origine emotiva o un deficit uditivo o un impedimento fisico all’articolazione.

Gli strumenti utilizzati per valutare la normalità del linguaggio dei bambini variano da una tradizione clinica all’altra.

Per valutare lo sviluppo fonologico si stabilisce quali fonemi linguistici fanno parte del repertorio del bambino, quali processi di semplificazione vengono applicati nella pronuncia delle parole, in che misura la pronuncia delle parole sia corretta.Per compiere questa analisi si può utilizzare sia un campione di linguaggio spontaneo, sia un campione di enunciati ottenuti chiedendo al bambino di descrivere immagini o di ripetere ciò che è stato detto dall’adulto.

Per valutare lo sviluppo lessicale si utilizzano dei test che chiedono al bambino di denominare immagini (produzione lessicale) o di indicare l’immagine corrispondente alla parola pronunciata dall’esaminatore (comprensione lessicale)

Per esaminare lo sviluppo morfologico e sintattico nella produzione del linguaggio si compie un analisi di linguaggio spontanea, esaminando quali strutture morfologiche (esempio: flessioni verbali, preposizioni, articoli, pronomi) e sintattiche (es: accordo soggetto-predicato, frasi passive, frasi relative) sono presenti e utilizzate correttamente. Anche test di ripetizione frasi possono servire per valutare lo sviluppo morfologico e sintattico. La comprensione di strutture morfologiche e sintattiche è valutata in genere attraverso test che chiedono al bambino di scegliere tra alcune immagini quella che corrisponde alla frase detta dall’adulto.

Il lavoro della logopedista

Di fronte ai disturbi specifici di linguaggio la logopedista sceglie le strategie, il contesto, gli strumenti e i materiali per produrre situazioni dove le parole conducono e vengono stimolate alla loro riproduzione in maniera indiretta.

Nella fascia 1-3 anni in cui il bambino passa da parole onomatopeiche (ripete solo parole bisillabiche: pappa, tato, tata o versi e suoni di animali o oggetti pumpum, pepè) agiamo con strategie in grado di richiamare la sua attenzione che prevedono ad esempio le imitazioni (il bambino imita quello che la logopedista o pupazzi o marionette dicono in un contesto di gioco). Molto importante anche il gioco “del far finta” . Simulare cioè situazioni di routine (preparare la pappa, mettere a nanna, il dottore: un pupazzo si è fatto male; il maestro: il bambino insegna ai pupazzi) che stimolano l’imitazione e dove la logopedista interviene conducendo il “ruolo” centrale e stimola il bambino nell’immedesimazione a proporre risposte con senso adeguato. Con le parole si possono esprimere tanti atti comunicativi nel bambino che viene attratto dal gioco di ruolo sentendosi anche più protagonista. Anche gli oggetti possono diventare importantissimi: il bambino sceglie un oggetto che gli piace e gli interessa, la logopedista adatta il suo intervento comunicativo e linguistico sul gioco scelto. In questo modo usa indirettamente le parole o forme verbali del bambino riformulandole in maniera corretta senza pretendere che il bambino le ripeta ma usandole da “sfondo” facilitandone l’interazione. Anche usare la voce per esprimere le diverse intonazioni ed emozioni, produrre suoni e riprodurre melodie semplici è divertente e stimolante.

Se invece ci rivolgiamo alla fascia d’età successiva 3-5 anni, il gioco delle imitazioni deve essere affinato prolungando i suoni che ci interessano, affiancandoli ad informazioni visive e propriocettive (es. uso dello specchio). Denominare coppie minime (pollo-bollo, sacco-tacco, lana- rana) giocare con le tombole sonore che riproducono queste coppie minime per far comprendere l’errore di proniuncia quando il bambino capita nella casella “lana al posto di “rana”.

In questo modo si crea un “conflitto cognitivo” che trascina il bambino alla comprensione della corretta produzione e assegnazione del giusto fonema nella sua espressione che caratterizza il Disturbo Specifico di Linguaggio.

La scelta del clinico di adottare un tipo di approccio piuttosto che un altro è motivata sempre dagli esiti di una Valutazione ed un Bilancio Logopedico delle competenze comunicative e cognitivo-linguistiche.

 

Relativamente al tipo di disturbo si possono individuare interventi che hanno varie forme, quelle centrate sul bambino di tipo diretto o di gruppo; quelle centrate sui genitori ai quali si fornisce un supporto diretto tipo training oppure la combinazione di più di una opzione.

La peculiarità della logopedista; che nel suo intervento mira a fornire cambiamenti significativi nel comportamento comunicativo-linguistico, è quella che utilizza le parole per avere altre parole.

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